Cosa rappresentano oggi gli animali da un punto di vista economico e politico è sotto gli occhi di tutti, basta guardare le trasmissioni televisive e gli spot pubblicitari per capirlo. Dalla cucina vegana agli alimenti per gatti serviti come nei ristoranti stellati. La domanda è se davvero c’è un interesse autentico per gli animali in quanto animali.
Se il business delle catene dei pet-shop e di tutto l’indotto è facilmente comprensibile, un po’ meno è l’attenzione del mondo politico che immagina un allargamento dell’elettorato nell’orizzonte animalista e vegano. C’è una sorta di infantilismo nell’affetto per gli animali domestici che arriva addirittura ad esprimersi come amore, sostituendosi alle relazioni umane tanto da autodefinirsi papà e mamma del cagnolino di casa.
La questione del trattamento degli animali è certamente molto seria ed affrontata, nel tempo, da diversi filosofi che sono arrivati a teorizzare un insieme di “diritti degli animali”. In effetti non si può parlare di “diritti” nel senso pieno della parola come quelli degli umani (Peter Singer) sono piuttosto regole comportamentali dell’uomo nei confronti del mondo animale (l’uomo può decidere di non uccidere animali per cibarsene ma non può impedire che gli animali facciano altrettanto).
Dunque la così detta questione animalista non riguarda la natura e la sua salvaguardia ma è una scelta filosofico-comportamentale di singoli individui che abbracciano questo tipo di filosofia. Il fenomeno potrebbe anche essere letto come una moda del momento, un mezzo per distinguersi dalla massa nella ricerca di una autoaffermazione… in questo troviamo l’atteggiamento ammiccante e compiacente della politica sempre alla ricerca di visibilità (e di voti). È difficile trovare nella dinamica politica qualcosa di autenticamente genuino perché ci sono sempre altri intrecci e interessi a volte malamente occultati. Non interessano gli animali, ma ciò che può provenire dall’appoggio alla questione animalista.
Quello che è preoccupante che l’ammiccamento della politica ingenera un rafforzamento dei movimenti animalisti radicandoli nelle proprie convinzioni. Ciò che dovrebbe preoccupare il mondo politico, invece, è proprio questa radicalizzazione che è arrivata a configurare l’animalismo come una sorta di religione che con il suo integralismo danneggia il tessuto sociale umano. È significativo proprio l’atteggiamento contraddittorio che da una parte predica l’uguaglianza tra il mondo animale e quello umano e dall’altra si esprime in modo violento nei confronti dell’uomo. Si pensi ad esempio alla reazioni di alcuni animalisti nei confronti di chi sopravvive alla propria malattia grazie anche alla sperimentazione su specie animali: per loro è meglio un ratto vivo e un essere umano morto e non viceversa.
Questo atteggiamento intransigente e fondamentalista è socialmente disgregante, se la politica continua il suo atteggiamento superficialmente ammiccante diventa pericoloso per l’uomo stesso.
Piuttosto è un’altra questione da affrontare: l’armonia. Il mondo non è fatto di uguali, ma di simili, e dalla ricchezza della diversità. L’uomo non può essere uguale ad un animale, o viceversa. Non sono ipotizzabili uguaglianze di doveri e neppure di diritti ma una responsabilità che l’uomo ha, per la sua intelligenza e razionalità, nei confronti del resto del mondo. La capacità relazionale dell’uomo che ha saputo, nella sua storia, addomesticare molte specie di animali, non è esaurita ed è proprio nella relazione con l’uomo che molte specie in estinzione si stanno salvando.
La Bibbia (il profeta Isaia 11,6-8) immagina proprio l’armonia della relazione tra il mondo umano e quello animale come segno della Pace. |